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Bitter Sweet: La Serie TV Turca con Can Yaman e Özge Gürel sul Corriere della Sera International – Rassegna Stampa

Bitter Sweet: La Serie TV Turca con Can Yaman e Özge Gürel sul Corriere della Sera International – Rassegna Stampa

Non solo i magazine di gossip scrivono di Can Yaman, ma anche la Stampa Internazionale si interessa alle fiction turche.

Dalla rassegna internazionale del Corriere della Sera, che vi alleghiamo per intero, possiamo dedurre l’importanza di questo mercato per la Turchia.

Ciò che vogliamo sottolineare dell’articolo sono i seguenti punti: Attori bellissimi (e anche bravissimi, diciamolo) riferendosi di certo anche al nostro “Aslan Can Yaman“;

Tra le “Dizi” citate da Cooming Soon come “5 soap Turche che hanno conquistato il pubblico italiano” vi è anche Dolunay (Bitter Sweet: Ingredienti d’Amore) che noi conosciamo benissimo. Buona lettura.

Bitter Sweet: La Serie TV Turca con Can Yaman e Özge Gürel sul Corriere della Sera International – Rassegna Stampa

Dalla rassegna stampa internazionale del Corriere della Sera del 14/6/2020 El País

La nuova arma diplomatica di Erdogan? Le telenovele romantiche “made in Turkey” (Luca Angelini)

Centocinquanta serie TV vendute in 146 Paesi e viste da più o meno 600 milioni di persone. Sono i numeri della fabbrica turca delle soap opera.

Talmente di successo da essere diventata per Ankara, spiega Andrés Mourenza su El País, uno strumento di soft power: migliora l’immagine del Paese all’estero, con benefici turistici e diplomatici.

«Gli ingredienti delle telenovele turche sono semplici – scrive Mourenza -: storie d’amore tra attori bellissimi che traboccano di dramma e emozioni».

Questo è il lato che appare. La faccia nascosta è che «è un settore nel quale imperano dure condizioni di lavoro e nel quale gli sceneggiatori devono stare attenti a non superare certe linee rosse del governo islamista».

Un altro segreto del successo è, a quanto pare, il fatto che le dizi, come le chiamano i turchi, siano in gran parte girate in esterni, nelle strade di Istanbul, in palazzi ottomani o con lo stretto del Bosforo a fare da sfondo.

Foto di sulox32 da Pixabay

E aggiunge Carolina Acosta, docente venezuelana alla Georgia University, «le dizi portano il punto drammatico a un livello molto più alto delle telenovele sudamericane. E ti ci portano più lentamente, con la musica, gli sguardi, i gesti. Questo crea assuefazione».

Non stupisce che proprio l’America Latina sia uno dei principali mercati delle dizi. E lo è diventato soprattutto dopo che quelle sudamericane si sono spostate sul genere narcosnovela.

Bitter Sweet: La Serie TV Turca con Can Yaman e Özge Gürel sul Corriere della Sera International – Rassegna Stampa

Le serie turche si sono rivelate perfette per i nostalgici dei drammoni amorosi delle soap d’antan. Anche Balcani e Medio Oriente si sono, però, rivelati assai ricettivi (quanto all’Italia, qui potere leggere un articolo di Coming Soon sulle serie turche viste anche nel nostro Paese).

Quanto agli «effetti collaterali», il ministro turco per la Cultura e il Turismo parla espressamente di soft power, perché la popolarità delle dizi «contribuisce a far conoscere di più il nostro Paese». In primo luogo ai turisti. «Da quando le serie turche sono entrate in America Latina – scrive Mourenza, parlando ovviamente del periodo pre pandemia – i viaggi verso la Turchia sono aumentati del 35%, in particolare da parte di brasiliani, argentini, colombiani e messicani».

In risposta alla domanda, Turkish Airlines ha aperto nuove tratte e persino le relazioni diplomatiche sono state rafforzate.

Foto di mehmetkali da Pixabay

Più o meno lo stesso è accaduto nei Balcani.

Quanto al Medio Oriente, l’industria televisiva turca ha approfittato anche degli impatti bellici e politici su quella siriana e egiziana.

Ma, come ben sanno gli sceneggiatori delle soap, non ci sono rose senza spine. La Chiesa ortodossa greca ha criticato il proliferare di serie turche nella televisione ellenica («Stiamo dicendo che ci arrendiamo» è arrivato a dire, nel 2012, il vescovo di Salonicco Anthimos).

E, in alcuni Paesi arabi, «certi pensatori nazionalisti e islamisti hanno denunciato la penetrazione delle serie turche come una forma di “imperialismo culturale”».

A febbraio è arrivata, addirittura, una fatwa di condanna da parte delle autorità religiose egiziane. «La Turchia – spiega al País l’analista politico Murat Yetkin – è un Paese musulmano e laico con una vita sociale relativamente moderna».

Questo mostrano le serie e ciò mette i regimi arabi in una posizione scomoda, perché credono siano un cattivo esempio per il popolo.

Quanto alle magagne della medesima Turchia, pur non essendo esperti di dizi, sospettiamo non trovino molto spazio nei copioni.

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